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fulimen globulare

Diavolo di un fulmine

DIAVOLO DI UN FULMINE!
Quando durante la consueta funzione religiosa pomeridiana, una palla infuocata irruppe nella chiesa di Saint Pancras di Widecombe-in-the-Moor (un villaggio inglese dell’altopiano di Dartmoor, nella contea del Devon), seminando morte e distruzione, il pastore anglicano George Lyde e i circa trecento parrocchiani presenti non ebbero dubbi: qualcosa di sovrannaturale stava avvenendo! Forse una punizione divina si stava abbattendo su di loro o magari si trattava del demonio che veniva a reclamare delle anime!

Incisione contemporanea che descrive l’evento di Widecombe del 21 ottobre 1638 (autore anonimo)

UNA VECCHIA STORIA
L’episodio citato, conosciuto come “The Great Thunderstorm” (“Il grande temporale”), avvenne domenica 21 ottobre 1638 (all’epoca in Inghilterra era ancora in vigore il calendario giuliano) ed è riportato nei resoconti scritti di molti testimoni oculari e nei “Widecombe Tracts” del 1638 (tre volantini, il primo stampato il 17 novembre di cui non sopravvive nessuna copia, la sua ristampa del 19 novembre e il terzo, con qualche dettaglio in più, stampato il 27 novembre). Queste testimonianze riferiscono di una “palla di fuoco” dalle dimensioni approssimative di due metri e mezzo di diametro che, durante un violento temporale, penetrò all’interno dell’edificio religioso mandando in frantumi una finestra, rimbalzò più volte nei locali della chiesa squarciando parte del tetto e della torre, distruggendo banchi e travi di legno e, soprattutto, facendo delle vittime, prima di dividersi in maniera spettacolare in due parti, una delle quali uscì da una finestra rompendola, mentre l’altra si dissolse all’interno delle mura della chiesa sotto lo sguardo esterrefatto dei presenti, liberando nell’ambiente un fumo scuro e denso e un cattivo odore sulfureo. Quattro persone persero la vita a causa di questo strano evento e più di sessanta furono ferite.
L’accaduto, oltre che in alcune illustrazioni xilografiche del tempo, è riportato anche in una testimonianza in rime incisa dal fratello di una delle vittime su delle tavole della chiesa suddivise in quattro pannelli (“The Storm Poem”), ancora oggi esposte e leggibili (le originali furono sostituite nel 1786).
Come spesso accade con storie vecchie di secoli e frutto di quella inevitabile commistione di testimonianze scritte (comunque soggette ai limiti delle percezioni umane), racconti tramandati oralmente e leggende popolari, le ricostruzioni giunte ai giorni nostri del Great Thunderstorm, risentono di diverse contaminazioni che rendono incerto il confine tra ciò che realmente accadde e quello che venne aggiunto in seguito.
Una delle leggende che da secoli accompagna lo strano accadimento di Widecombe, vuole che il diavolo, cavalcando il suo destriero nero corvino, si diresse a Widecombe passando per il vicino villaggio di Poundsgate, sempre a Dartmoor, dove si fermò per indicazioni e per ristorarsi al Tavistock Inn, uno dei più antichi pub d’Inghilterra, risalente al 1413 circa e tuttora esistente (su una parete accanto al camino del pub è riportata una poesia che narra proprio la leggenda che stiamo raccontando). La proprietaria del pub lo descrisse come un uomo in nero con le gambe che terminavano con zoccoli fessi, tipici dei caproni (nell’iconografia classica, l’unghia fessa e le sembianze del caprone sono aspetti ovviamente associati al diavolo). L’inquietante sconosciuto ordinò un boccale di birra. Mentre beveva si poteva udire un sibilo provenire dalla sua gola. Terminato il suo drink, poggiò il boccale sul bancone (nel punto in cui fu posato, il bicchiere provocò dei segni di bruciatura, perché nel frattempo era diventato rovente!), pagò con delle monete che in seguito si trasformarono in foglie secche e riprese il suo viaggio. Secondo una delle versioni della leggenda, il diavolo si diresse a Widecombe per portare via le anime di quattro persone che giocavano a carte in fondo alla chiesa durante la funzione religiosa. Stando ad un’altra versione, il diavolo aveva stretto un patto con un giocatore di carte locale, Jan Reynolds, il quale si era impegnato a consegnargli la propria anima qualora fosse stato sorpreso a dormire in chiesa durante la cerimonia religiosa, che è quello che poi accadde… Anche altre credenze legano la figura del diavolo alla vicenda di Widecombe.
D’altronde di cos’altro poteva trattarsi? Quelle fiamme che avvolgevano la strana sfera non potevano che essere quelle dell’inferno. E poi quell’odore di zolfo, un marchio di fabbrica inconfondibile, che lasciava ben pochi dubbi sull’identità luciferina che lo aveva sprigionato!
Non stupisce che l’episodio di Widecombe fu associato al diavolo se si considera il contesto in cui si colloca. Siamo in un piccolo villaggio inglese del XVII secolo connotato dalla superstizione e dalla radicata cultura religiosa e per giunta una chiesa immersa in un momento di raccoglimento spirituale fa da teatro alla vicenda!
Ma come appare la questione “filtrata” dai 385 anni di storia che la separano dai giorni nostri? Cosa si pensa oggi di quanto accadde in quella e anche in numerose altre circostanze del passato le cui testimonianze riferiscono di manifestazioni di “palle infuocate” o strane sfere luminose con caratteristiche simili a quelle del fenomeno di Widecombe?
Oggi si pensa che quello del Great Thunderstorm sia uno dei primi episodi documentati di un fenomeno noto come fulmine globulare, o BL (Ball Lightning). Dal XVII secolo ai giorni nostri, l’ipotesi sovrannaturale per questo genere di eventi, ormai sostenuta da pochi, è stata abbandonata in favore di un approccio più scientifico e razionale, ma senza che il fascino di questa strana manifestazione luminosa ne risulti intaccato! Questo perché, ad oggi, non disponiamo di una spiegazione universalmente accettata dalla comunità scientifica per i fulmini globulari. Esistono numerosissime testimonianze, più o meno attendibili, presenti sin da epoche molto lontane, che descrivono fenomenologie identificabili come fulmini globulari. Nonostante ciò, sulla natura e il meccanismo di formazione di questi oggetti misteriosi sono state avanzate diverse ipotesi alternative.

ANATOMIA DI UN FULMINE GLOBULARE
Ciò che emerge dal vasto panorama di testimonianze raccolte sui fulmini globulari, è la loro grande varietà di caratteristiche. Questa mutevolezza contribuisce a rendere il fenomeno complesso da inquadrare dal punto di vista scientifico e difficilmente spiegabile con un’unica, esaustiva teoria.
Esempi della molteplicità di configurazioni possibili per un fulmine globulare si possono trarre da una descrizione dei BL tracciata in base a secoli di osservazioni e che, di seguito, proveremo a riassumere brevemente…
I fulmini globulari sono luci di forma sferica con un nucleo più luminoso rispetto ai bordi, di dimensioni solitamente comprese tra 20 e 50 cm di diametro (in rari casi potrebbero persino raggiungere i 10 metri), che si manifestano solitamente (ma non sempre) durante (oppure immediatamente prima o dopo) un temporale, di solito in concomitanza di condizioni atmosferiche di elevata umidità. Il colore di queste enigmatiche luci sferoidali varia dal rosso al blu e bianco, passando per l’arancione, il giallo e più raramente il verde. La loro luminosità è paragonabile a quella di una lampada a incandescenza compresa tra circa 50 e 100 W. La temperatura può raggiungere circa 2000 K (all’incirca 1700 °C).
Restano sospesi in aria, quasi immobili, oscillando attorno a una posizione, fluttuando, “ondeggiando” oppure muovendosi lentamente rispetto ai fulmini lineari (generalmente le velocità sono comprese fra 0,1 e i 10 m/s) e in modo apparentemente irregolare, svanendo lentamente o di colpo, silenziosamente o con un forte boato e lasciando spesso nell’aria un odore di zolfo, ozono o ossido di azoto, tipiche conseguenze delle scariche elettriche in aria libera.
La durata del fenomeno è generalmente di una manciata di secondi (di solito al massimo una quindicina), ma parrebbe vi siano casi, per la verità rari, in cui dei fulmini globulari potrebbero mantenersi stabili per più di un paio di minuti.
I ball lightning sono manifestazioni che si verificano nella troposfera (la “fascia” più bassa dell’atmosfera terrestre, che si estende per una quindicina di km di altezza a partire dal suolo).
Si possono, quindi, avvistare (e osservare anche da vicino) sia ad altezza d’uomo che a quote maggiori, come quelle delle rotte degli aerei. Possono entrare in edifici e abitazioni, scivolando dai caminetti o passando per porte e finestre anche chiuse! Possono anche attraversare i muri o “materializzarsi” direttamente all’interno di un ambiente chiuso.
Una delle tante stranezze dei BL è relativa all’impatto che hanno su oggetti e esseri viventi con cui vengono a contatto. Nel corso del tempo, sono infatti stati documentati sia episodi in cui il contatto con l’uomo si è rivelato innocuo, che casi in cui questo ha prodotto danni o addirittura è stato letale.

RICERCA SCIENTIFICA SUI FULMINI GLOBULARI
In diversi casi i fulmini globulari sono stati riprodotti anche in laboratorio, come il Cavendish di Cambridge (2001), l’Humboldt di Berlino (2006) e da ricercatori dell’Università Federale dello stato brasiliano di Pernambuco (2007), ma questo non significa che i BL naturali seguano necessariamente gli stessi meccanismi di formazione di quelli ottenuti “artificialmente”. Per questo le osservazioni e le misurazioni di ciò che avviene in natura restano fondamentali, seppur soggette a errori di valutazione dovuti ai limiti umani.
Esistono molte teorie proposte per spiegare il fenomeno dei fulmini globulari, a partire dalle più stravaganti (fantasmi e manifestazioni di intelligenze extraterrestri), per proseguire con allucinazioni, illusioni ottiche dovute all’esposizione della retina ad una luce molto intensa e picchi nell’azione di campi magnetici sul cervello. Queste ultime ipotesi, però, non spiegherebbero gli effetti sonori (i forti rumori prodotti dalle esplosioni di alcuni BL) o olfattivi (gli odori di zolfo e ozono).
Vi sono poi teorie maggiormente accreditate, come quella avanzata nel 1955 dal fisico sovietico, premio Nobel nel 1978, Pëtr Leonidovič Kapica, che propose un modello in cui i fulmini globulari sarebbero generati dall’interazione, nella troposfera, tra onde elettromagnetiche (in particolare onde radio) prodotte durante i temporali e gas atmosferici.
Ma la teoria che raccoglie il maggior consenso nell’ambito scientifico sembra essere quella del “silicio vaporizzato”, proposta nel 2000 da John Abrahamson e James Dinniss dell’Università di Canterbury di Christchurch (Nuova Zelanda) e da Graham Hubler degli U.S. Naval Research Laboratory di Washington (USA).
Si tratta di un modello che si basa su una combinazione di fenomeni elettromagnetici e chimici.
In pratica i fulmini globulari si originerebbero a partire da comuni fulmini nube-suolo. La saetta colpisce il suolo, disintegrando alcuni elementi chimici contenuti nel terreno, come i silicati (silicio legato con ossigeno), presenti in abbondanza. Il silicio vaporizzato, a contatto con l’aria più fredda circostante, si raffredda e si condensa in nanoparticelle che, caricandosi elettricamente, si uniscono formando lunghi filamenti. A causa della repulsione tra cariche elettriche dello stesso segno, questi filamenti si dispongono a formare una sfera molto leggera che viene facilmente trasportata dalle correnti d’aria. Durante il progressivo raffreddamento di questo aerosol, il silicio si ossida, si ricombina, cioè, con l’ossigeno (presente nell’aria) dal quale il fulmine lo aveva separato e questo processo emette lentamente quella radiazione elettromagnetica che rende luminosa la sfera: il fulmine globulare.
Questo modello spiegherebbe anche alcune stranezze tipiche dei fulmini globulari. Vediamone alcune…
Anzitutto, poiché la sfera diventa visibile solo nell’ultima parte della sua vita, spesso il BL sembra materializzarsi dal nulla dopo un normale fulmine.
Inoltre, secondo gli scienziati che hanno formulato questa teoria, il fulmine globulare svanisce di colpo con un forte botto oppure affievolendosi lentamente semplicemente a seconda della temperatura alla quale si svolge il processo.
Anche il mistero dei fulmini globulari che passano attraverso porte e finestre o che si generano direttamente nelle abitazioni sarebbe spiegato da questa teoria, la quale prevede che questi filamenti di silicio possano infiltrarsi passando per crepe e fessure alla stessa maniera delle correnti d’aria che creano spifferi, per poi riorganizzarsi dall’altra parte.
I risultati, pubblicati nel 2014, dell’importante studio spettroscopico di un fulmine globulare “catturato” casualmente il 23 luglio 2012 da un gruppo di fisici atmosferici cinesi che eseguivano ricerche sui fulmini in alta montagna, sono in accordo con ciò che questa teoria prevede. Il ball lightning è infatti risultato essere composto proprio da atomi di silicio, oltre che di ferro e calcio.
Il punto debole di questo modello teorico è che non spiega i BL che si formano in assenza di fulmini o con il sereno.
Dunque, la caccia ai fulmini globulari continua. Una caccia alla quale partecipano tutti, dal ricercatore all’antropologo, dal sostenitore del paranormale all’indagatore scettico, dal curioso al semplice appassionato… Perché in fondo è questo il terreno comune verso cui tutti convergono: il fascino dell’ignoto. È per questo che i misteri attraggono tutti, esercitando una così profonda influenza sulla natura umana.
Forse un giorno l’enigma degli elusivi fulmini globulari troverà una soluzione, ma la spettacolarità con cui si palesano davanti ai nostri occhi continuerà a meravigliarci e sorprenderci… È per questo che un alone di mistero continuerà ad avvolgere questo fenomeno. Ed è per questo che se un giorno vi ritroverete davanti alla chiesa di St. Pancras del piccolo villaggio di Widecombe, sperduto da qualche parte nella contea inglese del Devon, qualcosa vi spingerà ad entrare. E una volta dentro, non resisterete alla tentazione di alzare lo sguardo verso quella finestra dalla quale un giorno di tanto tempo fa, durante un tremendo temporale, entrò il diavolo per prendere delle anime!

“La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero; è la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza.”
Albert Einstein


Un sentito ringraziamento va allo staff di Mystery Leader e in particolare all’amico Rocco Penazzi, per avermi concesso questo spazio e con esso la possibilità di trattare l’appassionante tema dei misteriosi fulmini globulari.
Mino Muscio

Scarpette rosse

di NADIA DAVOLI

disegno di Stefano Baiocchi

SCARPETTE ROSSE: UNA FIABA MACABRA

Il noto scrittore danese Hans Christian Andersen annovera tra le sue più macabre fiabe quella di Scarpette Rosse, storia di una bimba poverissima adottata da una ricca signora, che vede per caso ai piedi di una piccina di sangue blu delle bellissime scarpe di cuoio rosso. Le desidera, le ottiene e ciò acuisce talmente la sua vanità che dimentica i buoni propositi cristiani e il rispetto delle regole religiose dell’epoca e della sua società. Le scarpe, allora, si animano di vita propria e la costringono a danzare e danzare senza fermarsi fino a portarla alla decisione di farsi amputare i piedi sostituendoli con piedi di legno. Così castigata, la ragazzina rientra tra i pii osservanti la legge del Signore, a servizio del parroco del paese una volta morta la madre adottiva.

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Gabrina e le altre

Testo e ricerche di Nadia Davoli
Disegno di Stefano Baiocchi

Nell’ “Orlando Furioso” il poeta Ludovico Ariosto collocava, a simbolo del male, una donna “nido di tutti i vizi infandi e rei”, una vecchia che lui stesso definiva strega, vecchia maligna e malvagia, al soldo di un gruppo di malfattori, che agiva per il male dei protagonisti positivi della narrazione ariostesca e il cui nome insolito non traeva origine come gli altri dell’opera dalla letteratura classica, bretone e carolingia.

Si chiamava Gabrina. Come mai l’Ariosto, per un così cupo personaggio, scelse un nome insolito per la sua onomastica? Ludovico Ariosto nasce nel 1474 a Reggio Emilia nella bella casa della famiglia materna in un sobborgo della città. A Reggio era ancora viva la memoria di un famoso processo ad una donna, avvenuto quasi esattamente cent’anni prima, nel 1375. La donna si chiamava Gabrina di Gianozzo degli Albeti, e il suo processo è finora tra i più antichi per stregoneria di cui si conservano gli atti.

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Ghost Hunter

Chi sono i cacciatori di fantasmi meglio conosciuti come “Ghost Hunter”? Come si muovono? Cosa cercano di raccontare? Il loro modus operandi è scienza, pseudoscienza o solo un momento ludico? Ve ne parliamo in questo video.

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